Governare una barca a vela quando il lago è agitato o guidarla alla vittoria durante una gara, richiede abilità ed esperienza non comuni, e molti dei nostri giovani lettori, che avranno spesso invidiato i fortunati piloti degli agili velieri volteggianti sulle acque, saranno lieti di sapere che questo sport può essere facilmente praticato in piccolo, provandone le emozioni e i piaceri, e acquistando in pari tempo qualche esperienza di navigazione.
Tutto ciò è reso possibile dalla costruzione di modelli di navi a vela. Il numero di questi modelli è grandissimo, e alcuni di essi richiedono una conoscenza e una padronanza della tecnologia navale che ne sconsigliano la costruzione ai principianti, ai quali riusciranno invece piú accessibili i semplici modelli che ci accingiamo a descrivere e che galleggiano agili e sicuri, procurando a chi li ha costruiti una soddisfazione non minore, forse, di quella che procurano i grossi panfili da corsa.
Modello ricavato dal pieno
La parte piú importante del modello di una nave è senza dubbio lo scafo. La forza ascensionale a cui è soggetto un corpo immerso nell’acqua e la sua attitudine a sostenere altre masse è tanto maggiore quanto minore è il suo peso rispetto a quello dell’acqua di cui esso occupa il posto. Nel caso di barche a vela è particolarmente necessario tenere presente la loro attitudine a portare carichi, perché la pressione che il vento esercita sulla vela minaccia di capovolgere il veliero se questo non è zavorrato mediante una pesante pinna di metallo, sporgente dallo scafo verso il basso.
A causa di questo peso supplementare non trascurabile, dobbiamo in qualche modo alleggerire la barca, così che non si immerga oltre un certo limite; ciò non si può ottenere che ricorrendo a uno scafo cavo. Ne deriva che nella scelta del materiale, dovremo considerare non soltanto la sua leggerezza, ma anche la sua durezza; quest’ultima dovrà risultare tale da rendere agevole il lavoro di incavatura. Sarà bene che il principiante dia la preferenza all’ontàno, le cui fibre sono per di piú così regolari da rendere difficile che il materiale si scheggi durante la lavorazione con sgorbia (scalpello a sezione semitonda).
Procuriamoci dunque un travicello di ontàno lungo 50 cm, largo 15 cm, e spesso 5 cm e tracciamo su di esso il profilo dello scafo che si rileva dalla figura 570.
Affinché le due parti dello scafo che si trovano a destra e a sinistra del suo piano mediano risultino uguali, tracceremo una metà del profilo dello scafo su un peno di carta, di cm 15 x 48, piegato in due, e lo ritaglieremo con le forbici. Aprendo il foglio e applicandolo sul travicello potremo tracciare a matita, su quest’ultimo, il profilo esterno dello scafo e la linea di contorno del ponte; questa linea di contorno, fatta eccezione per la poppa e per la prora, corre alla distanza costante di 10 mm verso l’interno dalla linea precedentemente tracciata. Con una sega a mano tagliamo ora il travicello secondo il profilo esterno (fig. 571) e tracciamo sui due fianchi una linea, 15 mm al disotto del piano superiore (fig. 572). A partire da questa linea, il travicello dovrà essere alleggerito con la pialla e con .lo scalpello, come si vede nella figura 573. Perché questa lavorazione risulti regolare, procuriamoci una sagoma di cartone avente le misure indicate nella figura 574 e applichiamola sul pezzo in corso di lavorazione in modo da controllare che il materiale sia asportato nella misura dovuta.
Per eseguire la lavorazione di pialla o di scalpello, il pezzo deve essere afferrato in una morsa o fissato su di un banco da falegname. Se non si potesse disporre né dell’una né dell’altra, occorrerà fissarlo con morsetti al fianco di un tavolo.
Incominciamo ora a incavare il travicello. Risulta essere questa la parte piú difficile del nostro lavoro: va eseguita adoperando la sgorbia e prestando molta attenzione per evitare di sfondare il pezzo. Bisogna asportare il materiale in quantità tale che rimanga ovunque uno spessore di mm 10 circa, salvo sul bordo superiore dello scafo dove, come si vede nella figura 577, lo spessore risulterà di mm 15. Lungo questo bordo si ricava una battuta profonda 3 mm, nella quale verrà in seguito ad appoggiare il ponte superiore. Il nostro scafo apparirà poi piú bello quando gli spigoli saranno stati arrotondati come si vede nella figura 577.
Il ponte superiore è ricavato da una tavoletta di legno compensato dello spessore di mm 3, e deve adattarsi con la massima precisione possibile nella battuta che corre lungo il bordo superiore dello scafo. A circa 15 cm dall’estremità anteriore, pratichiamo su questa tavoletta un foro del diametro di mm 10 per il passaggio dell’albero, mentre un secondo foro del diametro di mm 20 è praticato a poppa per scaricare l’acqua che si infiltra nello scafo. Questo secondo foro resterà normalmente chiuso mediante un tappo di sughero. Prima di passare alle operazioni di finitura, dobbiamo fissare sul fondo dello scafo un tassello di legno provvisto di un foro centrale del diametro di mm 7 circa nel quale a suo tempo verrà inserita l’estremità inferiore dell’albero. Quando questo tassello è stato fissato, mediante viti, il suo foro centrale deve trovarsi esattamente sotto quello praticato sul ponte. Dopo avere verniciato con smalto ad olio l’interno dello scafo e la faccia inferiore del ponte, possiamo montare quest’ultimo nel suo incastro e fissarvelo per mezzo di viti di ottone, avendo l’avvertenza di interporre una striscia di flanella imbevuta di vernice ad olio in corrispondenza della battuta che corre lungo l’orlo superiore dello scafo, per evitare infiltrazioni di acqua nell’interno del modello.
Con della carta vetrata grossolana procediamo ora a una prima lisciatura della superficie esterna dello scafo; a questa operazione faremo seguire l’applicazione di una mano di vernice. Quando la vernice sarà asciutta eseguiremo una seconda lisciatura con carta vetrata fine e procederemo ad un’altra verniciatura, che dovrà estendersi anche alla superficie superiore dél ponte.
Con due mani di smalto ad olio allo scafo, ed altrettante di corre diverso al punte, la Verniciatura dello scafo potrà dirsi ultimata. Da un pezzo di lamiera di ferro o di ottone di 10 x 12 cm e dello spessore di mm 1, ricaviamo la chiglia che, come si rileva dalla figura 570, dovrà avere il lato rivolto verso prua opportunamente inclinato. Nel punto mediano del lato superiore della chiglia pratichiamo un taglio della profondità di 2 cm e, ripiegando a destra e a sinistra le due metà di questo lato, ricaviamo due alette (fig. 578) che serviranno a fissare la chiglia alla parte inferiore dello scafo, in direzione perpendicolare ad esso, mediante quattro vitine inserite in altrettanti forellini, come si vede nelle figure 570 e 579.
Nell’eseguire queste operazioni è necessario prestare attenzione che il piano della chiglia coincida con quello longitudinale mediano dello scafo, cosi da risultare perpendicolare alla superficie inferiore della carena; in questo modo, si evita che la chiglia agisca come un timone inclinato e disturbi il regolare andamento della navigazione.
Ora, prima di procedere nella lavorazione, dobbiamo procurarci un supporto di legno costruito secondo la figura 580; esso potrà servirci in seguito anche per predisporre le vele prima della partenza.
Da un’asta di abete a sezione quadrata con 10 mm di lato, lunga cm 52, ricaviamo con la pialla l’albero del veliero. Riesce ovviamente piú facile ricavarlo da un’asticciola a sezione tonda del diametro di mm 10, rastremandola convenientemente verso l’estremità superiore (fig. 570). La parte inferiore dell’albero deve entrare con esattezza nel foro praticato, come ricorderete, sul ponte superiore, ed è anch’essa leggermente conica verso l’estremità che dovrà calettarsi nel foro centrale del tassello situato sul fondo dello scafo. La boma (verga inferiore della vela maggiore) è ricavata da un’asta tonda lunga 25 cm, del diametro di mm 6. La verga inferiore della vela minore, è costituita da un’asticciola tonda lunga 15 cm, del diametro di mm 4.
Per la preparazione delle vele (fig. 581) pregheremo le mamma di ricavarle da una sottile tela di lino. Affinché le vele, dopo essere state orlate, corrispondano alle misure indicate nelle figure, dobbiamo lasciare, quando le ritagliamo dalla tela, un bordo della larghezza di mezzo centimetro lungo il loro perimetro. Mediante un filo robusto, il lato prodiero della vela maggiore viene fissato all’albero, e il lato inferiore alla boma (fig. 570). L’estremità di quest’ultima, che si articola sull’albero, è provvista di un occhio ottenuto con una striscia di cuoio (fig. 582) provvista di una solida legatura.
La vela minore è fissata anteriormente a un tirante di cordicella e inferiormente alla sua asta. Prendiamo ora una striscia di lamiera di ottone, della larghezza di mm 10, e- saldiamola dopo averla piegata a forma di ghiera. A questa ghiera saldiamo tre anelli di filo di ottone disposti come nella figura 570. Il diametro interno deve essere tale che, infilando la ghiera sull’estremità superiore dell’albero, essa scorra lungo l’albero per 15 cm e si arresti in tale posizione anche se sottoposta a uno sforzo di trazione verso il basso. All’anello rivolto verso prua, fissiamo il capo superiore di un tirante, detto « straglio del fiocco », mentre agli anelli rivolti a destra e a sinistra fissiamo i capi superiori dei due tiranti (sàrtie) che fissano lateralmente l’albero. I capi inferiori di questi tre tiranti sono fissati ad altrettanti occhielli i cui gambi devono essere avvitati a prora e sul bordo dello scafo nelle posizioni indicate a figura 570. Verremo cosí a fissare l’albero in modo che possa resistere agli sforzi di trazione o di spinta ai quali sarà sottoposto quando il modello si troverà in navigazione. L’angolo superiore della randa (vela principale) è assicurato all’albero mediante un breve pezzo di spago; a tale scopo, sull’albero è montato un anello di filo di ottone (fig. 570) rivolto verso poppa. Il nostro battello è ora ultimato e non ci resta che fissare alla boma della randa e all’asta inferiore del fiocco (vela minore) gli spaghi (scotte) che permetteranno di orientare queste vele nel modo voluto.
Gli altri capi delle scotte saranno fissati agli occhielli con gambo a vite che si trovano sulla mezzeria del ponte nelle posizioni che si rilevano dalla figura 570. Per evitare che avvitando questi occhielli si determinino incrinature nella tavola sottile del ponte, sarà opportuno irrobustire i punti in cui si introducono queste viti, incollando, come si vede nella figura 570, dei tasselli di rinforzo sulla faccia inferiore del ponte. Dopo aver messo sulla cima dell’albero una piccola bandiera con i colori nazionali, il battello sarà alfine pronto per essere affidato al suo elemento.
Dobbiamo ora imparare l’arte della navigazione a vela. Il miglior modo per riuscirci è quello di andare in riva a un laghetto o a uno stagno dove sia possibile far veleggiare il nostro battello dall’una all’altra riva. La cosa piú importante sarà quella di determinare con esattezza la direzione del vento, dopo di che dovremo portarci in un punto della riva dove il vento spiri perpendicolarmente alla rotta che il battello deve seguire per raggiungere la riva opposta. La mancanza di timone non deve preoccuparci. Manovrando opportunamente le scotte orienteremo le vele in modo che facciano un angolo di 10÷15 gradi rispetto alla mezzeria dello scafo. Dopo aver messo in acqua il battello e dopo averlo convenientemente orientato lo vedremo finalmente veleggiare verso la meta. Se il battello non dovesse seguire la rotta prescritta, ma tendesse a virare sopravvento, nella direzione cioè dalla quale spira il vento (fig. 584), occorrerà rimediarvi diminuendo l’angolo di inclinazione della vela anteriore.
Dovremo, al contrario, aumentare quest’angolo se il battello tendesse a virare sottovento, nella direzione cioè opposta a quella dalla quale spira il vento. Se il vento è troppo forte, si corre il rischio che il battello si capovolga. È necessario allora allentare le scotte in modo da aumentare l’angolo che tanto la randa quanto il fiocco fanno con la mezzeria del modello, portando tale angolo a circa 45 gradi; si diminuisce in tal modo la superficie esposta al vento e di conseguenza la pressione che questo esercita sulle vele.
Dopo i primi esperimenti, tenendo presente quanto avremo appreso, potremo anche variare la rotta e indirizzare il modello verso il punto C o verso il punto D della riva opposta, oppure da D verso A e da A verso C (fig. 583).
Il modello Sharpie
La costruzione di modelli ottenuti scavando un blocco di legno è generalmente preferita perché anche con una modesta capacità si può ottenere uno scafo della forma voluta. Ma i battelli di maggiori dimensioni sono costruiti con tutt’altro procedimento e cioè mediante la predisposizione di una opportuna ossatura. Questo sistema viene anche applicato nella costruzione di modelli assai complicati che richiedono esperienza e abilità non comuni e impiego di materiali costosi. Vi è tuttavia un tipo di scafo molto semplice, chiamato « Sharpie », che può essere costruito anche da principianti senza eccessive difficoltà.
Come si vede nella figura 586 lo scafo si compone di un fondo, di due fianchi e di due paratie trasversali, tutti ricavati, da tavolette di legno, mentre la prora e la poppa sono ricavate da due blocchetti, anch’essi di legno. Il fondo e i fianchi presentano una leggera curvatura e anche il ponte, come si rileva dalla sezione dello scafo a figura 585, è leggermente bombato. Perché queste curvature riescano esatte e continue dobbiamo poter fissare tanto le paratie quanto i blocchetti di prora e di poppa su di un piano di sostegno nella posizione indicata dai disegni.
Possiamo ricavare questo sostegno da una tavola di legno lunga 60 cm e spessa 15 mm, la cui faccia superiore sia stata spianata con la pialla. Le due paratie si ricavano da una tavola di legno di tiglio dello spessore di mm 10 e avranno le dimensioni indicate nella figura 587. Da questa figura si rileva che la larghezza è di cm 12,50 per la paratia piú prossima alla prora, e di cm 14,40 per quella piú vicina alla poppa. Sulla figura sono tratteggiate le due porzioni che in un secondo tempo dovranno essere asportate con la sega o con la lima, in modo da conferire alla coperta la prescritta curvatura. Trascuriamo per ora questa curvatura, che sarebbe d’intralcio nel fissare saldamente le paratie sul piano di sostegno, in posizione capovolta. Le tacche H indicano l’altezza alla quale dovranno arrivare i fianchi dello scafo. I blocchi di prora e di poppa devono essere preparati secondo le misure indicate nella figura 585, trascurando anche per essi la curvatura superiore, in modo che, capovolgendoli, si abbia a disposizione un piano che ne permetta il solido fissaggio alla tavola di sostegno. Non bisogna però trascurare la sagoma inferiore che questi blocchi devono avere per adattarsi alla curvatura del fondo dello scafo (fig. 585). Affinché la prora risulti inclinata e a spigolo, occorre dare al blocchetto prodiero una conveniente inclinazione sui due lati.
Se si vuole evitare queste difficoltà, si può dare all’estremità della prora (ruota di prora) una inclinazione molto esigua o addirittura nulla, in modo che i fianchi corrano perpendicolari fino all’estremità prodiera senza subire alcun svergolamento. Incidentalmente, osserveremo che anche i fianchi dello scafo devono essere, come i blocchetti di prora e di poppa, opportunamente smussati in senso trasversale. Le paratie e i blocchetti capovolti vengono ora fissati (figura 589) in modo provvisorio, ma solidamente, alla tavola di sostegno, alle di stanze indicate nella figura 585. Allo scopo di dare alle paratie una maggior( superficie di appoggio, possiamo rinforzarne l’orlo superiore con regoli di legno ad esse avvitati (fig. 588). Le misure del fondo dello scafo possono esser( ricavate praticamente adagiando una striscia di cartone sulle paratie e su blocchetti di estremità, come si vede nella linea tratteggiata della figura 589, disegnando dal basso con una matita il perimetro. Applicando la sagoma cosi ottenuta su una tavoletta di tiglio dello spessore di 4 mm è possibile tracciare su di essa il contorno del fondo.
Dalla figura 585 risulta evidente che questo contorno è simmetrico rispetto al piano mediano dello scafo e che la sua linea corre continua e ben avviata dalla prora alla poppa. Dopo avere ottenuto con la sega il prescritto contorno, dipingiamo con una spessa vernice ad olio le superfici che devono venire a contatto, cosi da garantire una buona tenuta; fissiamo infine il fondo sullo scafo, mediante vitine di ottone (fig. 590). A voler estere precisi occorrerebbe smussare convenientemente gli spigoli delle paratie per conferire loro una forma che si adatti perfettamente alla curvatura del fondo e dei fianchi che si adagiano su di esse (fig. 585).
Anche le dimensioni dei -fianchi dello scafo possono essere ottenute applicando, sulle paratie e sui blocchetti di prora e di pappa, una striscia di cartone sulla quale si disegnerà il profilo di questi due elementi, per riportarlo poi su una tavoletta di legno di tiglio dello spessore di mm 4. Questi fianchi devono avere il profilo della linea tratteggiata della figura 590 che, come si vede, passa per i punti precedentemente contrassegnati con le tacche H.
Per ottenere una linea continua e bene avviata, eseguiamo con molta cura il disegno sul cartone. Naturalmente, allo scopo di raggiungere una perfetta simmetria, la striscia di cartone sagomata che servirà per contornare uno dei fianchi viene pure usata per contornare l’altro. Per ottenere una buona tenuta dell’acqua l’unione del fondo con i fianchi viene opportunamente calafatata. Analogamente a quanto abbiamo suggerito di fare per il primo modello, la calafatatura si ottiene applicando una striscia di flanella imbevuta di vernice
e usando sottili viti di ottone applicate con cura sulle due fiancate, dove queste, come si vede nella figura 591, si uniscono ai blocchetti di prora e di poppa. Per evitare le fessurazioni che potrebbero essere determinate dall’avvitamento diretto, è consigliabile praticare dei forellini preliminari (prefori), nelle posizioni dove dovranno essere applicate le viti.
Con ciò abbiamo condotto a termine la parte piú difficile del nostro lavoro e possiamo quindi smontare lo scafo dal suo sostegno, asportando in pari tempo le listarelle di rinforzo B. Limiamo ora i blocchetti di prora e di poppa in modo da predisporli a ricevere il ponte. La chiglia, o deriva, che sporge dallo scafo verso il basso, si ricava con la sega da una tavoletta di legno. di tiglio dello spessore di mm 10, secondo la forma indicata nella figura 585. Da questa figura si rileva pure che questo particolare ha la lunghezza massima di cm 30, l’altezza anteriore di cm 5, e l’altezza posteriore di cm 7. (Queste misure possono essere seguite con una certa approssimazione.) Lo spigolo anteriore della chiglia deve essere smussato sui due lati in modo da renderlo tagliente e quindi piú idoneo a penetrare nell’acqua senza incontrare eccessiva resistenza, mentre la parte posteriore deve essere rastremata fino a portarla allo spessore di mm 6. Il lato piú lungo, infine, che si unisce al fondo del modello, viene incavato con la lima in modo da assumere la forma arcuata dello scafo. Lisciamo la chiglia mediante tela a smeriglio e verniciamola infine con una mano di pittura ad olio. Con il consueto procedimento si ricava il timone da una tavoletta di legno di tiglio dello spessore di mm 6. Sul lato posteriore del timone pratichiamo una intaccatura nella quale, mediante due vicine di ottone, viene fissata una piccola striscia di piombo la quale, quando il battello, per effetto di una raffica di vento, si inclina su un fianco, costringerà il timone a ruotare nella direzione in cui soffia il vento, facendo virare il battello nella direzione opposta. Perché il timone abbia la possibilità di ruotare, ha lo spigolo rivolto verso prora, provvisto di due viti a occhio alle quali corrisponderanno altre due viti a occhio, fissate sullo spigolo della chiglia rivolto verso poppa. Un chiodo di diametro e lunghezza opportuni infilato in questi quattro occhi costituisce l’asse attorno al quale ruota il timone (fig. 585). È consigliabile poter disporre di due timoni di grandezze diverse, adatti per diverse intensità del vento (fig. 585). Mediante viti della lunghezza di 40 mm circa, fissiamo ora la chiglia al fondo dello scafo, curando che si disponga esattamente sul piano mediano longitudinale dello scafo stesso. Dipingiamo con vernice ad olio l’interno e l’esterno dello scafo, come è stato fatto col primo modello; dopo che la vernice si è asciugata, si procede a determinare il peso che dovrà essere aggiunto alla chiglia.. A questo scopo immergiamo lo scafo in una tinozza o in una vasca di legno, e carichiamolo sul fondo con pezzi di piombo finché non sarà raggiunta la prescritta linea di immersione. Raccogliamo ora tutti questi pezzi di piombo e fondiamoli in una forma di gesso o di argilla. Il peso cosi ottenuto dovrà essere fissato con due viti sullo spigolo inferiore della chiglia o meglio ancora in un alloggiamento ricavato lungo questo spigolo.
Il ponte è ricavato da una tavoletta di legno compensato dello spessore di mm 2, perché riesce molto difficile disporre di tavolette di tiglio così sottili. Le esatte dimensioni di questo ponte si determinano applicando sullo scafo un cartone che vi si estende con la dovuta curvatura. A metà lunghezza, sarà praticata sul ponte un’apertura rettangolare di cm 13,50 x 6,50 (boccaporto) che serve di accesso all’interno dello scafo. Immediatamente a poppavia della prima paratia, pratichiamo sul ponte un foro del diametro di mm 10, attraverso il quale dovrà passare l’albero. Incolliamo nella posizione prevista dei tasselli di rinforzo per le viti a occhio delle scotte mentre, sul fondo, incolliamo un blocchetto di legno (scassa) provvisto di un foro destinato a ricevere l’estremità inferiore dell’albero. Dopo averne verniciato la faccia interna, fissiamo il ponte sullo scafo per mezzo di piccole viti di ottone. Se l’operazione sarà stata eseguita a dovere, si otterrà una superficie uniforme e ben avviata. Bisogna eseguire le operazioni di avvitamento con molta cura, per evitare che esse provochino rigonfiamenti o fessurazioni sui fianchi dello scafo; sulle paratie, si praticheranno dei forellini (prefori) nei punti dove si dovranno montare le viti. Il blocco dove verrà ad inserirsi l’estremità inferiore dell’albero deve trovarsi esattamente al disotto del foro (mastra) praticato nel ponte per il passaggio dell’albero. Con l’ausilio di un coltello bene affilato o di un pialletto, asportiamo dall’orlo del ponte il materiale sporgente dai fianchi dello scafo, in modo da portare quest’orlo a filo degli stessi.
L’albero ha una lunghezza di 60 cm e sarà lavorato in modo analogo a quello seguito per l’albero del modello precedente. Ricaviamo l’asta inferiore della randa (boma) da un’asticciola del diametro di 6 mm e lunga 35 mm; e ricaviamo l’asta inferiore della vela anteriore (fiocco) da un’asticciola del diametro di mm 4 e lunga mm 250. Come si rileva dalla figura 585 la vela principale (randa) è provvista superiormente di un’asta (picco) lunga mm 280, con diametro di mm 4. Tanto la boma quanto il picco e l’asta inferiore del fiocco devono essere leggermente rastremati.
La figura 592 dà le misure delle vele dopo che il loro perimetro sarà stato orlato. Poiché il centro di pressione della vela aurica (randa) si trova un po’ piú arretrato che nella vela del modello precedentemente descritto, abbiamo compensato questo spostamento aumentando le dimensioni del fiocco, che verrà pertanto a sopravanzare dalla prora e dovrà avere la sua estremità anteriore fissata a un alberetto (bompresso) che appoggia sulla prora e sporge da questa (fig. 585). Questo alberetto è Costituito da un’asticciola lunga mm 130 e del diametro di mm 8, che sarà anch’essa rastremata verso l’estremità anteriore fino a raggiungere il diametro di mm 4. Spianiamo l’estremità opposta per una lunghezza di 60 mm e fissiamola al blocco di prora mediante due viti.
Occupiamoci ora dell’attrezzatura del nostro battello. L’albero sarà fissato, come già abbiamo visto nel modello precedente, mediante due tiranti laterali (sartie) e un tirante anteriore (straglio). Le due sartie saranno fissate al ponte e ai fianchi dello scafo mediante due occhielli con gambo avvitati nella posizione indicata nella figura 585. Questa operazione richiede molta cura perché lo sforzo a cui questi occhielli saranno sottoposti è ovviamente superiore a quello che sopportano le viti analoghe del modello precedentemente esaminato. Dalla figura 585 si rileva che la ghiera infilata 11 cm circa al disotto della sommità dell’albero, porta un occhio rivolto verso poppa. In questo occhio è inserito un pezzo di spago (che ci sarà servito per spingere verso il basso, nella sua posizione definitiva, la ghiera stessa) al quale si attacca l’estremità del picco rivolta verso l’albero e che è unito a questo in modo scorrevole, grazie a un occhiello costituito da una striscia di cuoio. Questo spago, cosí come è stato fatto per le sartie, viene legato a un uncino fissato in un punto dell’albero vicino al ponte. Con ciò l’attrezzatura dell’albero sarà ultimata. L’uncino può essere ottenuto molto semplicemente da una striscia di ottone dello spessore di un millimetro, convenientemente piegata ai due capi e fissata all’albero mediante due vitine. Conviene arrotondare accuratamente gli spigoli di questa striscia di ottone, per evitare che taglino lo spago. A 5 cm verso l’alto dalla ghiera già infilata nell’albero, ne infiliamo una seconda, provvista di due occhi contrapposti nei quali è infilato anteriormente il tirante prodiero dell’albero (straglio) e posteriormente, il tirante del picco. Manovrando questo tirante, che per uno dei capi è fissato circa 10 cm al disotto dell’estremità del picco, si otterrà lo spiegamento della randa. L’altro capo del tirante del picco è fissato a un occhiello avvitato sul ponte. Lo straglio avrà uno dei capi assicurato all’estremità esterna del bompresso e l’altro allo stesso occhiello, al quale è fissato il tirante del picco. Allo straglio è unito il lato anteriore del fiocco. Il bompresso è a sua volta irrigidito mediante un tirante di spago assicurato a una vite ad occhio montata sulla ruota di prora a 2 cm circa sopra la linea di immersione. In via di massima le vele vengono issate e mantenute spiegate in modo analogo a quello seguito con il primo modello con la differenza che alla randa si è ora aggiunto il picco, che nel primo modello non figurava.
L’unione mobile della boma all’albero si realizza in modo abbastanza semplice mediante due viti a occhio (fig. 593) montate, previo preforo, l’una sull’estremità prodiera della boma, e l’altra sulla faccia poppiera dell’albero, in prossimità del ponte. Con l’aiuto di una pinza si apre l’occhio della seconda quanto occorre per infilarlo nell’occhio della prima. Se non si prevede di dovere diminuire la superficie della vela esposta al vento, l’occhio che abbiamo leggermente aperto può essere richiuso sempre per mezzo della pinza.
La manovra delle scotte e il loro fissaggio, sono analoghi a quelli già descritti parlando del primo modello. Per evitare che, quando il lago o lo stagno sono agitati, il nostro modello imbarchi troppa acqua, provvediamo l’apertura quadrangolare del ponte (boccaporto) di un coperchio a tenuta stagna che, naturalmente, deve essere anch’esso convenientemente verniciato. Se poi vogliamo che il modello sia ancora meglio premunito contro i capricci del tempo, possiamo eliminare il boccaporto praticando sul ponte un piccolo foro (chiuso con un tappo di sughero) attraverso il quale è possibile scaricare l’acqua che si fosse infiltrata nello scafo. Dopo che avremo fissato sulla cima dell’albero una piccola bandiera, il nostro battello sarà pronto per scendere in acqua.