La corrente alternata non è adatta a molti scopi d’impiego, per esempio al caricamento di accumulatori, alla galvanizzazione, all’azionamento di motori a corrente continua ecc. Per questo è stata inventata una serie d’apparecchi che consentono di trasformare la corrente alternata in corrente continua. Il raddrizzatore maggiormente usato è il raddrizzatore a secco, che si compone di piú elementi a forma di piastra. Ogni elemento consiste in una piastra metallica P munita, su una faccia, d’un sottilissimo strato di protossido di rame o di selenio (fig. 396).
Una tale piastra ha la proprietà di lasciar passare la corrente soltanto nel senso metallo-selenio, mentre oppone una forte resistenza al passaggio in senso opposto. I singoli elementi sono infilati in maniera isolata su un bullone filettato B e la presa di corrente avviene dallo strato di selenio per mezzo delle molle di contatto F. Le linguette di lamiera A servono al collegamento. Siccome ognuno degli elementi può raddrizzare correnti alternate fino alla tensione di circa 30 V, per raddrizzare la corrente alternata da 40 V ci basterebbero due elementi collegati in serie. In questo collegamento a senso unico i si utilizzano soltanto le correnti fluenti in una direzione e perciò il rendimento non è molto elevato. Dalla corrente alternata a 40 V otterremo una corrente continua a soli 16 V. Preferiremo perciò l’impiego d’un collegamento a ponte, come illustrato a figura 397, col quale si utilizzano entrambi i sensi di flusso della corrente (semi onde). In tal modo possiamo ottenere da una corrente alternata da 20 V, una corrente continua da circa 15 V, con la possibilità di prelevare dal raddrizzatore correnti d’intensità doppia rispetto al collegamento a senso unico. Raddrizzatori di questo tipo si trovano presso i negozi d’accessori radio. La potenza di corrente erogata dipende dalla grandezza delle piastre. Noi sceglieremo un tipo per carico massimo di 2 A.
Vi sono anche raddrizzatori a liquido, basati su un’azione elettrolitica e che possiamo facilmente fabbricare con mezzi nostri. Riempiamo d’acqua fino a metà un vaso di vetro per conserva, oppure un recipiente di vetro per accumulatori della capacità di circa 1/2 l e vi aggiungiamo bicarbonato di sodio fino a che l’acqua non ne scioglie piú; poi aggiungiamo un’uguale quantità d’acqua. Appendiamo nel recipiente una lastra di lamiera di ferro E ed una lastra di lamiera d’alluminio A d’uguale grandezza e ad ognuna di tali lastre avvitiamo un morsetto (fig. 398). Affinché le lastre non si tocchino, approntiamo, per mezzo di due dischi di legno inchiodati l’uno sull’altro, un conveniente coperchio, nel quale eseguiamo due intagli per il passaggio delle strisce di lamiera, oltre ad un foro per un tappo e, prima di applicarlo, lo immergiamo in paraffina fusa.
Quando attraverso un tale elemento passa la corrente, questa decompone l’acqua in ossigeno ed idrogeno. Le bollicine d’ossigeno si formano dove entra la corrente, ossia sull’elettrodo positivo, mentre l’idrogeno si sviluppa sull’elettrodo negativo. Questa decomposizione del liquido si chiama elettrolisi. Quando è positivo l’alluminio, l’ossigeno si combina con l’alluminio formando ossido di alluminio in forma d’uno strato impermeabile alla corrente. Appena la corrente inverte la propria direzione, il suddetto strato torna a sciogliersi. La corrente viene quindi lasciata passare soltanto in una direzione, ossia raddrizzata; il ferro costituisce sempre il polo negativo. Se fabbrichiamo quattro di questi elementi e li colleghiamo a ponte, otterremo un raddrizzatore a doppia via (fig. 399), in grado di raddrizzare corrente alternata fino al massimo di circa 35 V.