Supponiamo che al martelletto d’una suoneria elettrica sia fissata una matita e che al posto della campana si trovi un rotolo di nastro di carta azionato da un movimento ad orologeria: è questa la struttura fondamentale d’un apparecchio telegrafico. L’autointerruttore è eliminato e la corrente viene addotta direttamente alle bobine del magnete con frapposizione d’un tasto Morse. In tal modo la matita traccia sulla striscia di carta in movimento, chiamata zona, impulsi di corrente lunghi e brevi, in forma di linee e punti. L’americano Morse, che inventò il telegrafo piú di cento anni fa, escogitò anche il necessario alfabeto convenzionale, che trova oggi impiego anche nella radiotelegrafia. Si possono produrre segnali Morse per esempio, anche con una cicalina, in forma di suoni brevi e lunghi, ascoltandoli direttamente o per mezzo d’un ricevitore telefonico. Nella radiotrasmissione si sovrappongono i segnali sonori all’onda portante e si ascoltano col ricevitore; nel telegrafo da campo si trasmettono i segnali per mezzo d’una linea.
Un semplice impianto Morse, col quale possiamo telegrafare fino a circa 200 metri di distanza, si può eseguire, secondo le figure 377 e 378, per mezzo di due cicaline 5 d’acquisto e due tasti Morse T di propria fabbricazione.
Si fabbrica il tasto (1) piegando convenientemente una striscia di lamina elastica d’ottone lunga circa 100 mm, della larghezza di 10 mm e dello spessore di 0,6-0,8 mm. Nella striscia si eseguono due fori, per avvitarla sull’assicella di base (3), oltre ad un foro per l’avvitamento d’una manopola (2) di legno o di plastica. L’arresto del tasto, tendente a sollevarsi per effetto dell’elasticità, è costituito da una striscia (4) della stessa lamina, della larghezza di circa 6 mm, ripiegata due volte, mentre l’arresto inferiore è costituito da una squadretta (5). Anche questi due particolari vengono fissati, rispettivamente con due viti, sull’assicella di base
Ogni stazione comprende una cicalina, un tasto ed una batteria tascabile, collegati fra loro come illustrato a figura 378. Per brevi distanze è sufficiente posare fra le due stazioni un filo di rame da 0,8-1 mm con isolamento di cotone. Come conduttore di ritorno (terra) impiegheremo i tubi dell’acqua potabile. In ogni stazione fissiamo al piú vicino rubinetto dell’acqua un serratubo d’acquisto, al cui morsetto si unisce il filo di collegamento.
I tratti rinforzati nelle figure 379 e 389 indicano il circuito che si chiude quando si abbassa il tasto della stazione I o rispettivamente della stazione II. In ogni stazione la batteria deve essere collegata al contatto (5) con lo stesso polo, altrimenti le due batterie vengono chiuse in corto circuito attraverso i conduttori, quando avvenga che si abbassino contemporaneamente i tasti di entrambe le stazioni.
La figura 381 mostra, a titolo d’esempio, in qual modo i particolari di ogni stazione possano essere montati su un’assicella di base di conveniente larghezza. Invece dei due morsetti a vite per il serraggio dei conduttori, si possono anche impiegare prese a manicotto per spine a banana. Il coperchio D, di lamiera piegata e saldata, all’interno del quale s’incolla una tabellina con l’alfabeto Morse, è fissato per mezzo di cerniere sull’assicella di base e serve a chiudere l’intero apparecchio. All’aperto dove non è disponibile nessuna conduttura d’acqua, occorre un secondo conduttore per il ritorno. Se, in conduttori molto lunghi, le perdite di tensione si fanno troppo grandi, si aumenta la tensione della batteria aggiungendo in ogni stazione una batteria tascabile.